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Monte Scuderi

La montagna misteriosa e la leggenda de "La Truvatura"

MONTE SCUDERI

Dominando con i suoi 1253 metri di altezza i territori di Itala, Alì e Fiumedinisi, Monte Scuderi è una delle cime più alte dei Peloritani. L’imponente mole e la caratteristica forma rendono questo monte ben individuabile sia dal versante tirrenico che da quello ionico della catena peloritana.

Dai fianchi est ed ovest della montagna, attraverso due passaggi si accede alla vetta, pressoché pianeggiante che forma una grande terrazza naturale dalla quale, nelle giornate limpide, lo sguardo spazia dall’Etna fino a Capo Peloro in uno scenario mozzafiato.

Monte Scuderi fu frequentato sin dalla preistoria ma la stratigrafia archeologica dimostra una più lunga frequentazione a partire dal periodo bizantino, tra il VII° e l’VIII° secolo d.C., epoca in cui sembra sia sorto sulla cima l’abitato fortificato di Micos o Vicos che in greco significa dirupo.

Non è certo che sia proprio Micos l’abitato di cui si trova traccia evidente nelle imponenti strutture murarie che sbarravano l’accesso al pianoro presso la Porta del Monte, sia sul versante meridionale, dove convergono i sentieri provenienti da Alì e dalla Valle di Fiumedinisi, che sul versante settentrionale, dove arrivano i sentieri provenienti da Itala, Pezzolo, Altolìa e dalla carrozzabile per Piano Margi.

Si tratta di mura di notevole spessore e lunghezza, realizzate con blocchi di calcare cementati da malta di calce. Mura che anche se oggi in parte interrate, dimostrano di aver avuto in origine un’altezza considerevole. Una specie di bastione sbarrava l’accesso settentrionale al pianoro e a ridosso di questo muro sono ancora evidenti i resti di un ambiente rettangolare le cui strutture, seppur interrate, si conservano per un’altezza di circa un metro. Interessante è anche la presenza di un grande vascone rettangolare rivestito con malta idraulica, chiamato tradizionalmente la “Casa del Re”, ma che potrebbe essere stato una vasca di raccolta per le acque, come indicato nelle antiche cronache. Enigmatica invece, la presenza di numerosi cumuli di pietrame disordinatamente distribuiti nella parte sud-orientale del pianoro.  

Sulla cima e sui fianchi di Monte Scuderi sono visibili anche ampie e profonde fosse rivestite di pietre a secco che non sono riferibili all’antico abitato ma all’attività dei cosiddetti nivaroli, i quali fino a metà del secolo scorso le utilizzavano per produrre e conservare il ghiaccio. In pratica i nivaroli raccoglievano la neve caduta in inverno, dentro queste fosse di forma circolare o quadrata con le pareti rivestite di pietra a secco. La neve raccolta nella buca veniva pestata e compattata in modo da formare una grande massa di ghiaccio che infine veniva coperta da uno spesso strato di foglie di felce e terra in modo da poter conservare il ghiaccio fino ai mesi estivi, quando i nivaroli, andavano a prelevarlo e lo trasportavano a valle per venderlo.

Un aspetto poco conosciuto dei Peloritani è la ricchezza di minerali che si nascondono nelle viscere di questi monti. Nel XVIII secolo, il geologo francese Deodat de Dolomieu dopo aver percorso le valli dei Peloritani definì questi monti addirittura i più ricchi di minerali d’Europa. Documenti d’archivio già a partire dall’epoca normanna segnalano la presenza di sabbie aurifere, miniere d’oro, argento, ferro, rame e allume nei territori di Alì e Fiumedinisi e in particolare su Monte Scuderi.

Nel periodo compreso tra il 1720 e il 1860, le miniere di Monte Scuderi e del territorio circostante furono sfruttate da una colonia di minatori tedeschi che ne ricavarono oro, argento, rame, ferro e piombo e successivamente da compagnie minerarie campane che estrassero minerali sin quasi alla fine dell’800.

Forse proprio in conseguenza della presenza di minerali preziosi, Monte Scuderi è divenuto famoso per la leggenda secondo la quale nelle sue cavità sotterranee si nasconda uno straordinario tesoro, definito a truvatura. Questa tradizione trova un fondamento di realtà in antiche cronache che raccontano di spedizioni che fino al XVIII sec. esplorarono le cavità sotterranee del monte in cerca del fantomatico tesoro ma più probabilmente si avventurarono alla ricerca dei filoni metalliferi che ne arricchivano le sue viscere.

 

LA TRUVATURA DI MONTE SCUDERI

La leggenda che da generazioni viene tramandata da padre in figlio nei paesi e nelle vallate che circondano Monte Scuderi, narra che una giovane principessa, figlia del sovrano che abitava sul Monte, fu messa dal padre a guardia del suo immenso tesoro e che per mezzo di un incantesimo fu costretta a vegliare su di esso per l'eternità. Secondo la tradizione il tesoro è costituito da tre grandi cumuli di monete: uno d’oro, uno d’argento e uno di rame. Del tesoro farebbero parte anche gioielli e oggetti d’oro, tra i quali una chioccia e ventuno pulcini d’oro che pigolando corrono qua e là come pulcini veri, rendendo impossibile la loro cattura.

Per impossessarsi del tesoro, ci sono però condizioni e prove da superare. Le elenchiamo a beneficio di chi voglia tentare:

  1. Innanzitutto, nel gruppo dei cercatori deve esserci un prete e una giovinetta casta e pura.
  2. In una notte di luna essi devono filare, torcere, biancheggiare il filo e tessere la tela necessaria per fare un tovagliolo.
  3. Nella stessa notte devono pescare nello specchio di mare davanti al Monte, vale a dire presso Itala Marina, dei pesci da portare velocemente sul Monte in modo che giungano ancora vivi.
  4. Appena arrivati in cima al monte i pesci devono essere cotti su fuoco di eriche, davanti all’ingresso della Grotta e mangiati sul tovagliolo tessuto. Tutte queste operazioni si devono completare prima che il sole sorga dalle montagne d’Aspromonte.
  5. Finita la colazione si può entrare nella grotta in fondo alla quale si incontrerà un gran serpente che si attorciglierà a tutti i cercatori, uno dopo l’altro, leccandogli il viso. I componenti del gruppo non dovranno manifestare il minimo segno di paura, né provare disgusto, né invocare mentalmente i Santi, perché basterà mostrare timore o avere una minima indecisione per annullare gli sforzi fatti ed essere dispersi nelle più lontane località.
  6. Superata la prova apparirà la bella custode del tesoro e allora il sacerdote dovrà leggere speciali liturgie per spezzare l'incantesimo. Subito dopo, se le formule lette son quelle adatte, i cercatori vedranno i mucchi del tesoro, dai quali sono però divisi da un grande lago impossibile da attraversare. Occorreranno altri esorcismi prima di trovare una barchetta su cui però potrà salire una sola persona alla volta. Intanto il Monte tremerà fra scoppi e ululati lontani, il fondo della grotta diventerà rosso, e il lago sarà percorso da ondate gigantesche.
  7. Superata anche quest’ultima prova, appena tutti i cercatori avranno raggiunto l’atra sponda del lago, saranno assaliti da un enorme cavallo imbizzarrito che girerà intorno al tesoro impedendo di accostarsi ad esso. Questa è la prova più difficile perché bisogna contare "13 volte 13" restando uniti senza aver paura. Solo allora la bella principessa sarà liberata dall’incantesimo e il fondo della grotta si aprirà dando la possibilità ai cercatori di raggiungere il tesoro, quindi la sorgente del torrente Itala e scendere a valle.

La tradizione locale racconta che nel 1800, un gruppo di abitanti di Alì si avventurò in cerca del tesoro e riuscirono a superare tutte le prove, meno l’ultima. Si narra che ad un passo dal tesoro, alla vista del cavallo scalpitante, il più pauroso del gruppo invocò la Madonna. A quel punto, una forza misteriosa li sollevò disperdendoli in parte sulle coste della Calabria e in parte sulla cima dell’Etna.

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